Va da se che rompere telefoni cellulari o computer faccia parte di una violenza psicologica ben definita anche penalmente.
Ma anche tenere sotto pressione una persona facendole credere di essere controllata non è un'azione che può passare così, senza colpo ferire. Dire a una persona ''ti controllo il telefono e le mail tramite un investigatore'' è una pressione che a lungo andare logora e sfibra chiunque.
Non sentirsi sicuri al telefono, sapere che un ex potrebbe in un futuro incerto scrivere una mail mette in allerta, anche se non si ha nulla da nascondere.
Trovare telecamere in casa messe ''per controllare se qualcuno entra'' potrebbe anche essere lecito, ma se sono in casa mia e nessuno mi ha mai avvertito della loro esistenza la trovo un'intrusione altrettanto fastidiosa rispetto alle precedenti. Andare a cena fuori e sentirsi dire ''ti ho fatta seguire per sapere se quel maniaco del tuo amico ti seguiva'' mi pare un arzigogolio inutile, mi hai fatta seguire? Ma siam pazzi.
Ma c'è un altro grado di violenza. Quella velatamente fisica. Se dico che non ho voglia di rapporti e mi tocchi non una, ma più volte ripetutamente, oltre a darmi un fastidiosissimo senso di repulsione, penso rientri tra le molestie sessuali. Poi mi dici che vuoi essere chiamato amore...
In un blog Silvia Caramazza affidava le sue paure, le sue angosce, i silenziosi tormenti di un qualcosa travestito da amore.
E quelle frasi, ogni singola parola, ora risuonano, ancora, a distanza di tre anni e mezzo.
Perché quelle parole sono il testamento di una ragazza di 39 anni la cui vita è stata strappata come fogli di un libro da chi nel cuore covava odio, gelosia, possesso.
Tradita, sì, da quell'uomo di cui era innamorata ma che lentamente aveva trasformato la sua vita in un incubo trascinandola in un vortice buio senza alcuna via d'uscita.
E' l'8 giugno 2013, Silvia è nella sua camera stretta in un angolo dal suo carnefice, cerca di fuggire inutilmente.
Viene raggiunta e colpita da sette colpi rapidi al volto e alla testa con un attizzatoio da camino. Sette colpi mortali.
Per occultare il cadavere, l'assassino, acquista un freezer e lì ripone il corpo senza vita della donna.
L'assassino che risponde al nome di Giulio Caria, fidanzato della vittima allora 34enne, è stato trasferito in un centro psichiatrico perché a detta del giudice incapace di intendere e di volere.
Silvia aveva intenzione di lasciare Caria perché stanca di essere perseguitata, spiata e sottoposta costantemente a pressioni da parte dell'uomo.
Infatti, la fine della storia tra i due avrebbe visto il Caria dover rinunciare alla vita agiata che conduceva a carico della ragazza.
Dopo averla uccisa, l'uomo avrebbe prelevato ingenti somme di denaro dalla sua carta di credito.
Il ricordo di Silvia rimane tutt'ora in un fiume di parole che impresse resteranno nel tempo. E lei rivivrà ancora e ancora, innamorata di quella vita che l'odio via ti ha portato.
http://latteversato.iobloggo.com/
Qui troverete il link del blog di Silvia. Per chi volesse visitarlo.
Per me forse è il giudice incapace di intendere e volere ... purtroppo in italia troppi giudici sono alla stessa stregua .
RispondiEliminaPer me forse è il giudice incapace di intendere e volere ... purtroppo in italia troppi giudici sono alla stessa stregua .
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