"Era un sabato quel 2 maggio quando decidesti di calare il sipario e questa volta per sempre, un ultimo sguardo allo specchio, per l'occasione hai scelto la vestaglia più bella, hai pettinato la tua bionda chioma di capelli, poi hai spento i riflettori sul mondo.
Un' ultima volta, questa volta per sempre.
Avevi per la prima volta affrontato quel terrore per l'oscurità che sin da bambina ti aveva accompagnata.
Da una parte Iolanda, la bambina cresciuta con le sue paure, le sue insicurezze, la bambina vittima di pesanti beffe da parte di coetanee invidiose di cotanta bellezza.
Iolanda una donna che cercava l'amore, amore che bella parola.
Essere amate è il sogno di ogni donna e lo era anche per te, piccola e fragile Iolanda.
Dall'altra parte Dalida, la star che aveva tutto e nulla al tempo stesso.
E mentre Dalida cresceva sempre più, Iolanda sprofondava, soffocata da un enorme peso.
Se solo il Cielo ti avesse ascoltata quando cantavi l'amore, oggi saresti stata una madre e perché no, una nonna fantastica.
Ma ancora il nefasto fato giocò con la tua vita.
Con tutte le forze ti sei aggrappata alla vita.
Cara Iolanda chi ti scrive è un ragazzo che come te è stato vittima di bullismo e così come te porto le cicatrici che forse non andranno mai via.
E così mentre gli anni trascorrevano tra teatro e set cinematografici quel male di vivere ti toglieva il respiro.
"Siamo due ombre e due solitudini, un grande e scuro amore.
Ma voglio vivere, vivere, essere amata" citava una strofa del brano "Ciao amore, ciao" in quel triste Festival di Sanremo del 1967 quando stringesti tra le braccia il corpo senza vita di Luigi Tenco.
"La morte fa parte della vita, non dovremmo averne paura.
Non vorrei per niente al mondo che mi rubassero la morte".
Quella sera del 2 maggio ti sei congedata dal mondo che forse ti avrebbe potuta amare di più, avrebbe potuto telefonarti quando adagiata su un divano con aria triste e malinconica cantavi
"Telephone Moi".
Hai lasciato la stanchezza della vita e le ferite nel guardaroba e hai deciso di solcare quello spazio infinito, quel cielo azzurro, in una domenica senza tramonto.
Ti sei addormentata e questa volta per sempre alle 11 di quella mattina del 3 maggio.
Alle 17:00 Jaqueline ti ha ritrovata adagiata sul tuo letto.
Tutta Parigi, la città che ti aveva adottata, ti rende l'ultimo saluto.
"Ciao, bambina, ciao"...
Anche io cara Dalida, così come David Lelait-Helo, non potendo più telefonarti ho deciso di scriverti sicuro che ovunque sarai, ora mi sorriderai".
Con affetto,
Roby
Un' ultima volta, questa volta per sempre.
Avevi per la prima volta affrontato quel terrore per l'oscurità che sin da bambina ti aveva accompagnata.
Da una parte Iolanda, la bambina cresciuta con le sue paure, le sue insicurezze, la bambina vittima di pesanti beffe da parte di coetanee invidiose di cotanta bellezza.
Iolanda una donna che cercava l'amore, amore che bella parola.
Essere amate è il sogno di ogni donna e lo era anche per te, piccola e fragile Iolanda.
Dall'altra parte Dalida, la star che aveva tutto e nulla al tempo stesso.
E mentre Dalida cresceva sempre più, Iolanda sprofondava, soffocata da un enorme peso.
Se solo il Cielo ti avesse ascoltata quando cantavi l'amore, oggi saresti stata una madre e perché no, una nonna fantastica.
Ma ancora il nefasto fato giocò con la tua vita.
Con tutte le forze ti sei aggrappata alla vita.
Cara Iolanda chi ti scrive è un ragazzo che come te è stato vittima di bullismo e così come te porto le cicatrici che forse non andranno mai via.
E così mentre gli anni trascorrevano tra teatro e set cinematografici quel male di vivere ti toglieva il respiro.
"Siamo due ombre e due solitudini, un grande e scuro amore.
Ma voglio vivere, vivere, essere amata" citava una strofa del brano "Ciao amore, ciao" in quel triste Festival di Sanremo del 1967 quando stringesti tra le braccia il corpo senza vita di Luigi Tenco.
"La morte fa parte della vita, non dovremmo averne paura.
Non vorrei per niente al mondo che mi rubassero la morte".
Quella sera del 2 maggio ti sei congedata dal mondo che forse ti avrebbe potuta amare di più, avrebbe potuto telefonarti quando adagiata su un divano con aria triste e malinconica cantavi
"Telephone Moi".
Hai lasciato la stanchezza della vita e le ferite nel guardaroba e hai deciso di solcare quello spazio infinito, quel cielo azzurro, in una domenica senza tramonto.
Ti sei addormentata e questa volta per sempre alle 11 di quella mattina del 3 maggio.
Alle 17:00 Jaqueline ti ha ritrovata adagiata sul tuo letto.
Tutta Parigi, la città che ti aveva adottata, ti rende l'ultimo saluto.
"Ciao, bambina, ciao"...
Anche io cara Dalida, così come David Lelait-Helo, non potendo più telefonarti ho deciso di scriverti sicuro che ovunque sarai, ora mi sorriderai".
Con affetto,
Roby
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