50 anni fa l'ultimo volo della Farfalla Granata

Era una domenica quel 15 ottobre 1967. Il Torino aveva battuto la Sampdoria 4-2.
La città era in festa. Ora bisognava pensare al derby con la Juventus in programma la domenica successiva.
Quella domenica la "farfalla granata", Luigi Meroni detto Gigi, aveva disputato una grande gara non riuscendo a segnare.
Era uscito qualche minuto prima del fischio finale lasciando posto al giovane Carelli, una futura promessa del calcio.
Imprendibile, geniale, artista fuori e dentro il campo. Giocava con la maglia numero 7 sulla schiena, la maglia fuori dai pantaloncini, capelli lunghi e barba.
Il giocatore "beat", odi et amo di un'Italia intera e di un popolo granata che sognava di poter rivedere quel "Grande Torino" che trovò il tragico epilogo quel 4 maggio 1949, aveva un suo carattere, un suo fascino particolare.
Viveva in una mansarda con il suo più grande amore, Cristiana, una donna sposata conosciuta in un luna park. A quel tempo era cosa alquanto proibita convivere con una donna sposata a Gigi e Cristiana poco importava.
Il loro amore era vero, puro, sincero, travalicava ogni barriera.
In quella mansarda Gigi dipingeva, disegnava i suoi abiti che poi si faceva realizzare da un sarto, girava con una Balilla che fece mettere a nuovo e se ne andava in giro per Torino con una gallina al guinzaglio.
Amava la vita Gigi, si divertiva persino a intervistare le persone e chiedere loro cosa ne pensassero del Gigi Meroni calciatore.
La prima rete in Serie A la segna con la maglia del Genoa guidato da mister Santos.
Quello stesso Santos che morirà in un incidente stradale nel disperato tentativo di non far cedere il suo pupillo al Torino.
In maglia granata torva Poletti suo intimo e fedele amico; il paron Nereo Rocco, un padre per Gigi, quel padre che lui non ha mai avuto.
Indosserà anche la maglia della Nazionale. Poche volte purtroppo a causa di screzi con Edmondo Fabbri, allora Commissario Tecnico che non riuscì in un primo momento a capire la genialità di quel ragazzo di Como.
Impresso negli annali è l'epico gol siglato da Gigi Meroni nella gara contro l'imbattuta Inter di Helenio Herrera.
Stop del pallone in area, pallonetto a destra che saltò Facchetti e andò a infilarsi nell'angolino di destra della porta.
Un talento come il suo non poteva certo passare inosservato alla Juventus che nell'estate del 1967 tentò di acquistarlo.
Il popolo granata diede vita ad una vera e propria rivolta e alla fine Gigi Meroni restò in maglia granata.
"Per fortuna sono capitato sulla sponda giusta di Torino" disse appena giunto al Toro qualche anno prima.
La stagione 1967 con Edmondo Fabbri in panchina, con Combin in attacco supportato dallo stesso Meroni e da altri giovani promettenti, faceva ben sperare e sognare i tifosi granata.
Ma ancora una volta il destino nefasto aveva deciso di giocare con i colori granata.
E' domenica 15 ottobre, il Torino batte la Sampdoria 4-2. Combin segna tre gol.
Meroni gli si avvicina e gli dice che domenica prossima al derby ne farà tre.
L'ultima foto di Meroni vivo con la maglia granata lo ritrae con il capo chino, con gli occhi velati di tristezza come chi va incontro al proprio destino e non può fare altrimenti.
Con Poletti raggiunge il bar di fronte casa sua. Chiama Cristiana. Le dice che la aspetta sotto casa.
I due compagni di squadra attraversano la strada.
Un'automobile però non si accorge di loro, prende in pieno Meroni che viene sbalzato sull'altra corsia dove un'altra macchina giunge ad alta velocità.
E' l'ultimo volo della farfalla granata che stramazza al suolo.
Respira ancora. In tarda serata la notizia che nessuno mai avrebbe voluto udire.
La farfalla ha emesso l'ultimo respiro. Il suo cuore ha arrestato la corsa.
A soli 24 anni e con una vita ancora avanti.
L'urlo di Cristiana rimbomba tra le pareti dell'ospedale, fa eco poi il silenzio alla camera ardente.
L'incredulo Poletti che lo ha visto morire senza poter fare nulla, il bacio commosso sulla fronte di Nestor Combin.
Torino tributa l'ultimo saluto al suo campione, a quel calciatore amato e odiato al tempo stesso, a quel giovane dal cuore umile, generoso, altruista.
Sette giorni dopo, in una Torino distrutta dal dolore, si giocò il derby.
Combin seppur influenzato parte titolare.
In pochi minuti Combin siglò una tripletta che rase al suolo una Juventus incapace di reagire.
Il quarto gol lo mise a segno una giovane riserva, Alberto Carelli che quel giorno indossò la maglia numero 7, la maglia di Gigi Meroni.
Con gli occhi pieni di lacrime, alzò il pallone al cielo. Un ultimo saluto alla farfalla granata che da quel giorno lì vola libera in quell'azzurro cielo di cui perdutamente si innamoroò.


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